Quando si parla di smart working spesso non lo si fa con piena cognizione del termine.
Più di frequente si parla di smart working intendendo in realtà una forma di “remote working” in cui ai dipendenti viene data la possibilità di lavorare da casa uno o più giorni alla settimana, nel migliore dei casi con qualche introduzione tecnologica a sostegno.
La faccenda dello smart working, in realtà, è un po’ più complessa di così e ridurre l’impatto e l’innovatività di questa modalità di lavoro a qualche giorno al mese di lavoro da casa, è riduttivo e pericoloso, perché rischia di creare effetti controproducenti per tutti gli attori coinvolti.
Cos’è lo Smart Working?
Non si può, o non si dovrebbe, parlare di smart working senza prendere in considerazione tutte le leve principali che regolano un’organizzazione: tempi, spazi, tecnologie, risorse umane e,
soprattutto, cultura aziendale.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ne dà una definizione parziale e semplicistica, riducendo la pratica lavoro agile a una “modalità di lavoro subordinato […] basata sulla flessibilità di orari e di sede” Legge n. 81/2017.
quante ore si passano in ufficio a navigare sui social o fare la spesa on-line attendendo il “suono della campanella”?
Cosa significa, quindi, fare smart working?
Una rivoluzione culturale, organizzativa, di processo: così potremmo definire lo smart working.
Una rivoluzione perché scardina alla base consuetudini e approcci tradizionali e consolidati nel mondo del lavoro subordinato, fatto di controllo, presenza fisica del dipendente e orari di lavoro stabiliti.
Implementare lo smart working è quindi un processo che investe equamente persone, spazi e comportamenti.
Il modo di lavorare diventa più aderente e adatto al nostro stile di vita, invece che essere il contrario.
A dare una definizione adeguata è l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano che nel 2015 parla di smart working come:
“Una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia
nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore
responsabilizzazione sui risultati”.
Elemento chiave che si aggiunge a quelli precedentemente citati è proprio l’orientamento ai risultati, ciò significa organizzare il lavoro sulla base di obiettivi da raggiungere in tempi programmati.
A beneficiarne non sono solo le persone e il loro tempo libero ma anche i risultati del lavoro.
Una mentalità per obiettivi consente difatti una maggiore responsabilizzazione delle persone sul proprio operato, influenzandone di conseguenza l’approccio al lavoro in termini di comunicazione e comprensione.
Le parti interessate sono “obbligate” a definire e condividere i risultati attesi e lo scopo di esecuzione delle attività.
Difatti, dare un perché all’esecuzione di un lavoro costituisce una delle principali leve di motivazione intrinseca, nonché un potente mezzo per incentivare l’affioramento dei talenti all’interno delle organizzazioni.
Le persone, con questo metodo, devono utilizzare le loro capacità e competenze…
Esci dalla logica “lavoro tot ore”, abbraccia la logica “raggiungo un risultato”. La persona sarà più motivata e più pensante 😉
In sintesi, le caratteristiche dello smart working sono:
- Orario Flessibile: basta cartellino!
- Lavoro per obiettivi con tempi stabiliti: dobbiamo concludere il progetto in 20 giorni 🙂
- Luogo preferito dal lavoratore: ti senti più concentrato in montagna? Stai lì, ci sentiamo nei momenti di feedback.
- Strumenti adeguati: pc, linea internet veloce… cosa ti serve per raggiungere il risultato atteso?
Silvia Rotelli
per gli amici… Rotella
Vi sembra semplice?
Vi sembra complesso?
Scriveteci per dirci la vostra e raccontarci le vostre storie smart!
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